lunedì 5 novembre 2012

Riflessioni post Lucca! (terza parte)

Se siete arrivati a questo punto, e non siete ancora stanchi, mi piacerebbe riportarvi verso il tema di partenza, ovvero il sottobosco dell'autoproduzione, e chiudere una volta per tutte questo discorso (almeno per il momento). Come già detto, sembra che tutto il sistema del mercato editoriale italiano sia un po' fossilizzato, cristallizzato. E non c'è niente che si possa fare per cambiare le cose.

"L'Italia è un paese da distruggere, un posto bello e inutile, destinato a morire".
"Cioè, secondo lei, tra poco ci sarà un'apocalisse?"
"E magari ci fosse, almeno saremmo tutti costretti a ricostruire, invece qui rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri. Mi dia retta, vada via!"
"E lei allora, professore? Perchè rimane?"
"Come perchè? Mio caro, io sono uno dei dinosauri da distruggere!"

Questo dialogo, preso da una scena molto significativa del film "La meglio gioventù", credo chiarisca adeguatamente il concetto espresso poco fa. Bisogna ribaltare la situazione, altrimenti non se ne esce più.
E allora entra in gioco l'autoproduzione, l'unica maniera possibile per rendere pubblico il proprio lavoro senza scendere a compromessi. Ovviamente autoprodursi comporta un dispendio economico e di energie non indifferente. Ma se non c'è altra strada, è l'unico barlume di speranza che ci resta.
Tuttavia fare autoproduzione ha anche i suoi vantaggi: primo fra tutti questo mezzo ti permette di avere dei riscontri quasi immediati sul valore del tuo prodotto. Se la gente compra, e anche in numero apprezzabile, è fatta! E poi magari la voce gira e arriva alle orecchie di qualche editore che decide di prenderti sotto la sua ala, perchè ci vede del buono e del fruttuoso in quello che stai facendo. Ma non è così semplice. Per qualche strano motivo, col passare degli anni, questo piccolo mondo (o sotto-cultura del panorama fumettistico) è cresciuto e si è evoluto. E questa evoluzione comporta dei cambiamenti notevoli. Non è difficile capire che in ambienti come può essere la Self Area di Lucca tirano di più quei prodotti artistici che si rifanno al genere comico-umoristico (magari impreziositi da disegnini carini e divertenti) o, per farla breve, quelle proposte semplici che attirano il pubblico per la loro immediatezza di comprensione (meglio se facciano ridere o intenerire con cose pucciose, a seconda dei casi). E si scade così nel mero intrattenimento. E subito il solito rompiballe verrà a dirmi: ma il fumetto nasce come arte d'intrattenimento! Certo, ma sarei cauto sull'uso che si fa di questa parola fuorviante. Cercherò di farmi capire: l'intrattenimento è un qualcosa che si lega più al concetto di fruizione, che di distribuzione. Intrattenersi significa perlopiù occupare il tempo, spesso con passività, svogliatamente. Non presuppone troppo impegno da parte del fruitore. Se faccio zapping sul divano davanti alla tv sto usufruendo dell'intrattenimento che mi viene proposto, se leggo la Divina Commedia devo impegnare il mio cervello. E non poco. Ritornando al fumetto, replico dicendo che la magia di questo mezzo sta tutto nello spazio bianco tra una vignetta e l'altra e citando Scott McCloud "In un mezzo in cui il pubblico è un collaboratore spontaneo e consapevole la closure è l'agente del cambiamento, del tempo e del movimento". Il fumetto funziona se il lettore partecipa alla lettura e quindi fa funzionare 'sta benedetta closure.  Troppo facile attirare il pubblico con disegnini divertenti e spassosi che richiedono un livello di partecipazione attiva pari a zero.
Dall'altra parte, invece, troviamo una grossa fetta di autori che hanno fatto dell'autoproduzione quasi una punta d'orgoglio autoimponendosela come prigione da cui non uscire più. Parlo di quegli autori troppo impegnati a capire se stessi, che hanno dimenticato il principio base che aleggia sul fumetto: il rapporto col lettore. Segni troppo naif, volumi senza capo nè coda che non dicono molto di sè, ma il lettore deve approfondire, interpetare, perdercisi, e alla fine capire che ha buttato 5 euro al vuoto (se non di più!). Il tutto giustificato dal fatto che si fa autoproduzione e quindi bisogna portare ai massimi estremi le potenzialità del fumetto. Ma chi l'ha detto? E poi l'autoproduzione è solo un punto di partenza, non un punto di arrivo!
Resta infine la parte dei fumettisti sani (per così dire) di cui mi sento parte integrante: facciamo quello che ci piace, facciamo fumetti comprensibili dalla massa. Senza storie o stili studiati a tavolino per vendere il più possibile. Semplicemente disegniamo i fumetti che ci piace realizzare e che non troveremo mai in edicola o fumetteria (si parla sempre di produzione a livello nazionale).
Come prima esperienza da standista alla Self Area di Lucca direi che le nostre aspettative sono state soddisfatte, abbiamo ricevuto molti complimenti e approvazioni. Ma non è sufficiente. Bisogna capire il quadro completo della situazione. Avere dei parametri, termini di paragone. Diciamola tutta: ci mancano i dati di vendita! E' molto facile che la percezione delle cose cambi in base a questi. A volte trapela qualcosa per la troppa euforia di autori autoproduttisi, ma è molto difficile il contrario. E allora come fai a capire a che punto ti trovi nella scaletta della catena alimentare? Chi si trova più in alto sulla piramide costruita dalla legge del più forte? E' normale che andando a chiedere in giro ai vari standisti come vanno le loro vendite, questi pompino le loro cifre di copie vendute per non sentirsi gli ultimi degli sfigati. Lo farei anch'io. E allora dov'è la soluzione? Il mio pensiero ipotizza una maniera molto semplice, ma piuttosto utopica: dovrebbe essere d'obbligo stilare da parte di tutti gli standisti un resoconto dei dati di vendita che sia sincero e veritiero. In tal modo si prenderebbe facilmente atto di come stanno realmente le cose e chi vende di meno possa trarre ispirazione (con una sana invidia) da chi vende di più. Perlomeno, così, tutti avrebbero il quadro completo del sistema autoproduttivo e possono decidere il da farsi per migliorare o per mantenre la qualità del prodotto stabile.
La verità è che ci sentiamo un po' tutti dei cronici sfigati, per quanto la vendita della tua copia possa darti quella felicità momentanea da standista autoprodotto, subito dopo si abbatterà su di te la dura realtà dell'autore sconosciuto che non ha ancora pubblicato per una casa editrice. E' la verità. Ma noi continuiamo a crederci, nonostante tutto.
Probabilmente siamo tutti degli illusi incontrollabili che amano fortemente questa cosa del fumetto e ormai non possiamo più farne a meno, anche se cercano di farci desistere in tutte le salse. L'importante è fare le cose con il cuore, rimanendo sempre con i piedi per terra. Sarebbe bello riuscire a lavorare ogni giorno sulla tavola senza troppi pensieri, senza le pare che ci attanagliano il cervello, stendere i segni di china con fare molto zen e pensare che le bollette le paghi qualcun'altro e la spesa te la faccia la tua vicina di casa molto simpatica e premurosa. Siamo in un limbo per ora, cari amici, ve l'ho già detto. Ma sono fiducioso e credo nel futuro.
Voglio lasciarvi con una citazione di un fumetto, un manga per l'esattezza, che leggevo oggi in treno, di ritorno per Bologna. Io credo molto nelle coincidenze e sono convinto che oggi se ne sia verificata una. Il manga è Paradise Kiss della mitica Ai Yazawa e la frase è questa qui:

"Sono certo di potercela fare, con un po' d'impegno. Se non mi sforzo di avere fiducia nelle mie capacità, niente avrà mai inizio nella mia vita."

Se siete arrivati vivi fino a qui, grazie per la lettura.

6 commenti:

  1. secondo me cerchi di darti risposte impossibili, è vero che bisogna crederci ed impegnarsi ma probabilmente i risultati non arriveranno mai.
    Tu vuoi fare roba underground? Ti definisci un autore underground? Allora non puoi camparci con i fumetti... E non puoi "programmare" una giusta strategia nel proporsi per avere successo...tutti i miti dell'underground anche se famosi sono rimasti underground perchè sono riusciti a rompere le diffidenze che ci circondano , solo esprimendo la propria arte senza scendere a compromessi.
    Mettiamo che tra 20 anni la gente vorrà leggere tutta roba horror-trasgressiva-psichedelica...sai cosa sarà l'underground? Roba come bonelli e manga per bimbi minchia...
    la tua è una croce, e sarà difficile portarla...

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    1. Ciao Michele, voglio premettere una cosa, altrimenti non ci capiamo: fare autoproduzione non significa necessariamente essere "underground". Per me l'underground è un tipo di fumetto che trae origini dalla controcultura e proprio perché tale deve andare contro i parametri del linguaggio fumetto, stravolgerne le regole, essere scomodo. E probabilmente per questi ed altri motivi nasce e muore lì, buono per accontentare i centri sociali, ma non per far discutere il comicdom ufficiale. Se hai sfogliato un po' il mio blog ti sarai accorto che amo profondamente la narrazione a fumetti nel senso classico del termine: leggo in egual modo manga, Bonelli, Comics Marvel e Dc e graphic Novel. Non snobbo nessuno. Semplicemente per assecondare la mia parte creativa ho scelto di approfondire il filone del gotico-horror. Ma come hanno fatto dei grandi prima di me: per citarne alcuni Toppi, Battaglia, Magnus. Solo che ai tempi un autore poteva spaziare tra i generi con nochalance e nessuno gli avrebbe detto niente. Oggi i generi sono stati costretti in categorie che seguono le leggi del mercato, per cui non è il mercato che si adatta all'estro dell'autore, bensì il contrario. Basterebbe che aprissero un po' più di testate a genere (come sta facendo quest'anno la Bonelli con Drago Nero - fantasy - e Gli Orfani - fantascienza). Sinceramente non sento il peso di una croce che mi grava sulle spalle.

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  2. ciao, i fumetti postati sul blog li ho solo guardati e non letti (odio non leggere in cartaceo)...e secondo me sono anche molto belli!
    il mio messaggio si riferiva soprattutto a ciò che hai scritto su Lucca, e non era una critica ...semplicemente mi sembrava molto simile ai discorsi fatti da autori underground incazzati col mondo perchè non riescono ad emergere.
    Detto ciò , mi pare ovvio che solo tu sai se ti riguarda o meno :)
    in bocca al lupo comunque!
    PS: su una cosa ho da ridire, l'underground non nasce e muore lì, anzi , raramente quando di estrema qualità e innovazione, abbatte i paletti sociali nonostante le difficoltà e sarcasticamente influenza il commerciale...questa è la cosa che lo rende speciale...

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    1. No tranquillo, non sono un underground affamato di fama che ha fatto male i suoi calcoli. Sono un semplice esordiente che vorrebbe trasformare la sua passione in un lavoro retribuito. Niente più, niente meno.
      Per l'underground sono d'accordo, però i tempi sono cambiati di molto e ultimamente faccio fatica ad associare il termine underground a qualcosa di valido. Vedo più artisti che si menano le pippe da soli pensando a prescindere che hanno qualcosa da comunicare. E se il pubblico non li capisce è perchè loro sono troppo avanti e il pubblico è poco recettivo. Ce ne fossero di nuovi Pazienza insomma! ;)

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  3. Ciao Frankie ;)
    sono in disaccordo con te su alcune cose, primo la Self area è bella
    così perchè è varia sia come modi di interpretrare l'autoproduzione sia per
    le persone che ci partecipano, secondo me è sbagliato giudicare se sia meglio
    l'autoproduzione stile manga o quella umoristica, e voler dare una linea per chi
    si autoproduce (è come dire se questo anno si mette una regola che possono partecipare solo chi disegna in un certo modo e fa quel determinato genere di storia mah) e poi non tutti partecipano con l'intento di approdare da un editore
    e anche qui andrebbe fatta una distinzione ,da chi vorrebbe andare da un editore come autore o come disegnatore o ecc. e qui entra in gioco
    un altro aspetto di chi porta alla self un progetto perchè ci crede oppure
    uno specchietto per le allodole per attrarre qualche editore?
    Vedi per me ci sono varie sfaccettature nel contesto dell'autoproduzione e non
    penso come te che sia solo un punto di partenza e non un punto di arrivo, perchè se un autore anche importante vuol fare una storia senza vincoli ne
    imposizioni l'unico modo è questo , se poi sarà bella o brutta lo decideranno i lettori.
    E per finire ho visto tanti PROFESSIONISTI o che si definiscono tali che in confronto gli autori della self sembrano autoroni di primo livello.

    Spero di non essere stato troppo noioso e un grande in bocca al lupo per i
    tuoi progetti ;)

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    1. Ciao Paolo, scusa se ti rispondo in ritardo. Allora, il discorso non fa una grinza e sono d'accordo. Però secondo me questa è la conseguenza della situazione commerciale italiana. Mi spiego. C'era un tempo in cui chi si autoproduceva lo faceva con l'unico intento di proporsi al grande pubblico e farsi notare dagli editori (non come se fosse un doppio gioco, una cosa losca). Se i prodotti erano buoni si aveva strada facile e la meta di riuscirci a vivere con questo lavoro non era una chimera. E' successo che il mercato è andato sempre più resringendosi con la conseguenza che il mondo dell'autoproduzione (in maniera allargata diciamo underground) è andato espandendosi a dismisura. Il punto è che questa fetta di autori non viene più considerata dal mercato mainstream (perchè troppo occupati a spartirsi le loro fette di dominio) che portare avanti la propria battaglia da autoproduzione è diventata l'unica possibilità. Massimo rispetto per chi riesce a sopravvivere godendo solo degli scambi che si hanno nelle fiere e dai pochi guadagni (se e quando ci sono) della self area. Però è talmente cambiata la mentalità a tal punto che ci hanno convinti che chi parte da autoprodotto e finisce nel mercato ufficiale è un venduto. Quando in realtà è solo una naturale conseguenza. Non si vive solo di sogni, ma bisogna anche concretizzarli. E come hai detto tu ci sono un sacco di autori superprofessionisti in self area pronti per essere pubblicati ma che appunto restano li perchè le porte restano chiuse. E per me questa è solo un'ingiustizia. però è anche vero che non dev'essere una scusa per nascondere le proprie mancanze. Mi spiego anche qui: è troppo facile dire, ok mi autoproduco il mio lavoro perchè gli editori non mi calcolano di striscio. Innanzitutto bisogna farsi un esame di coscienza e capire se si è ancora carenti in qualcosa. Oppure se si è bravi a disegnare ma in sostanza se si racconta qualcsa di nuovo, di originale, che non si è mai visto. Altrimenti diventa troppo semplice pubblicarsi le proprie cose, senza scontrarsi mai con il lato "vero" di questo mestiere ed essere felici dei dieci acquirenti del nostro prodotto. Per me l'autoproduzione resta una cosa seria e faccio fatica nel vederla come un semplice divertimento per tenere alto il mio ego. si finisce a fare il gioco del mercato mainstream che ci vuole fuori dai canali di produzione ufficiali. Loro rimangono forti sulla loro rocca sicura, e noi continuiamo a fare cose di qualità, ma in disparte, questo non mi piace. Ovviamente se sei un professionista che già si è confrontato col mercato fumettistico e, stanco dei compromessi, vuoi autoprodurti un lavoro tutto tuo, allora è un altro paio di maniche. Ma questo è un altro discorso.

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